Alta pressione

Facebooktwitterlinkedin

 

altIl bracciale dell’apparecchietto automatico per misurare la pressione gonfiava stringendole il braccio fino a farle male. Alla donna venne da guardare fuori, oltre i vetri della finestra. La palma, nell’orto del vicino, sotto il sole che dopo settimane di latitanza aveva ripreso a splendere, mostrava tutte le foglie secche alla base del ciuffo che, insensibile  alla sorte che sarebbe toccata loro da lì a poco (taglio e rogo), sfoggiava una nutrita cerchia di nuove nate, ritte verso il cielo. Ai lati della palma, gli alberi di arancio. Tra il verde brillante delle foglie, i rami erano ancora pieni di frutti, una varietà tardiva che avrebbe colorato la primavera fino alla soglia dell’estate. Papaveri… Un puffffff, seguito dallo sgonfiarsi del bracciale, mise fine all’evasione, riportando l’attenzione della donna  al display dell’aggeggio per la diagnostica casalinga. Una doppia E segnalava l’errore. Le accadeva una volta su tre di dover ripetere l’operazione prima di riuscire ad avere un dato che fosse un dato. Riproviamo?

 

Spense il misuratore, portò la mano all’aggancio del bracciale… la lavastoviglie, con un penetrante segnale acustico, avvisò di aver terminato il ciclo di lavaggio; la gattina in calore, appollaiata sul davanzale, emetteva richiami d’amore per un certosino che da diversi giorni non lasciava la postazione proprio sotto la finestra della cucina; i ragazzi non si erano ancora alzati, rischiando di fare tardi a scuola; il marito, dal bagno, gridò che gli allungasse una saponetta (come al solito era andato sotto la doccia senza controllare di averne una a portata di mano ); il telefono squillò facendola sobbalzare: a un quarto alle otto non potevano che arrivare brutte notizie; il caffè, stufo di aspettare che qualcuno spegnesse il gas, dalla moka si stava riversando sul fornello smaltato di bianco. Immacolato. Routine!

 

Ci diamo una mossa?… ti decidi?… forza e coraggio!…raddrizza le spalle!… su!!!… La donna, spossata, restò incollata alla sedia con l’avambraccio sul tavolo, il bracciale dell’apparecchio della pressione, ormai completamente sgonfio, ancora posizionato secondo le istruzioni e… una gran voglia di urlare.  Quel bisogno se lo portava dentro da anni. Tanti anni. Troppi anni. Spalancò la bocca, ma riuscì a tirar fuori appena un gridolino strozzato, dalla sonorità cachetica. Non che le sue corde vocali si rifiutassero di collaborare ma è che proprio non ce la facevano. Non ce la facevano, porcaccia miseriaccia, mancanza d’esercizio.  Stizzita, si voltò di scatto verso la lavastoviglie. La spia lampeggiante le ricordò che pentole e stoviglie aspettavano di essere riposte negli stipi… Fu una scintilla.  Con ritrovata energia si strappò il bracciale, si scollò dalla sedia e a passo deciso si diresse all’elettrodomestico. L’aprì, tirò il carrellino dov’erano sistemati i piatti, diciotto per l’esattezza, e, ad uno ad uno, a mitraglia, dopo averli portati  all’altezza della testa, li lanciò sul pavimento  con tutta la rabbia che aveva in corpo. Ahhh!

 

Sarà stato il gesto aerobico o semplicemente perché non s’era mai sentita così bene, quando l’ultimo piatto,  raggiunse terra, la donna iniziò ad urlare. E urlò e urlò così forte  che una mosca di passaggio stramazzò al suolo svenuta, la gattina si nascose sotto il tavolo, il certosino scappò via a zampe levate, i figli saltarono giù dal letto, il telefono smise di squillare  e il marito… Oddio il marito! Avrà sentito? Dal bagno arrivava la sigla del giornale radio ad un volume così forte da coprire lo scroscio dell’acqua.

 

Il sapone, doveva portargli il sapone… O forse no?…

 

Meglio raccogliere prima i piatti. Non se n’era rotto neanche uno. Però!…  Infrangibili davvero.

 

Loading

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

I commenti sono chiusi.