Fabio Strinati, “la poesia nasce come forma di ribellione interiore”

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Fabio Strinati

Ho avuto modo di conoscere Fabio Strinati (Esanatoglia, MC, 1983 ), poeta, artista visivo, compositore e fotografo, attraverso uno scambio di mail con le quali mi ha reso edotto della sua attività e di una recente pubblicazione, L’esigenza del silenzio, raccolta di poesie sue e di Michela Zanarella. Mosso dalla consueta curiosità, dopo averne letto alcuni componimenti ho quindi contattato Fabio per una breve chiacchierata, che potete leggere qui di seguito. Le poesie di Fabio, studioso dell’olismo, della patafisica, della poesia visiva, sonora, elettronica e concreta, sono state tradotte in romeno e in spagnolo; scrive poi regolarmente testi poetici per Etnie, rivista di culture minoritarie ed è collaboratore del Diario 1984, periodico fondato da Pino Guastella. È inoltre il direttore della collana poesia per le Edizioni Il Foglio e cura una rubrica poetica dal nome Retroscena sulla rivista trimestrale del Foglio Letterario. Ecco le sue pubblicazioni: Pensieri nello scrigno. Nelle spighe di grano è il ritmo  (Edizioni Il Foglio, 2014); Un’allodola ai bordi del pozzo (Edizioni Il Foglio, 2015); Dal proprio nido alla vita (Edizioni Il Foglio, 2016); Al di sopra di un uomo (Edizioni Il Foglio, 2017); Periodo di transizione (Bibliotheca Universalis, 2017); Aforismi scelti Vol.2 (Edizioni Il Foglio, 2017); L’esigenza del silenzio (Le Mezzelane Casa Editrice, 2018); Sguardi composti… e un carosello di note stonate (Apollo Edizioni, 2018).

 Ciao Fabio e benvenuto sul sito La zattera del pensiero. Per iniziare, parlaci di te, del tuo interesse verso la poesia, come è nata l’esigenza di mettere per iscritto determinate sensazioni. Penso ai versi letti fra le poesie che mi hai inviato, Ho imparato la parola, rarissima perla contro il pianto e la tristezza carica d’aroma…

“Buonasera a voi e grazie di cuore per la vostra gentilezza e disponibilità. Parlare di me è un processo che mi scuote abbastanza perché non saprei davvero da dove incominciare. Posso dire con moltissima umiltà, e sincerità, che dentro di me, la poesia nasce come forma di ribellione interiore: una forma indefinita che assomiglia per certi aspetti a un ircocervo: purtroppo ho un animo molto tormentato e, spesso, questa mia malinconia… così opprimente e soffocante, mi costringe a trovare delle vie di fuga, delle scorciatoie. Più che un’esigenza, la definirei una sorta di avventura incontrollata dove so di essere io il protagonista, ma in realtà non lo sono fino in fondo, perché non ho la piena consapevolezza sulla “reale identità della realtà”. Ho una visione molto distorta dell’esistenza in generale, della quotidianità, della società e questo, per certi aspetti, è per me davvero molto problematico. Forse, persino imbarazzante”.

 Il libro dove sono raccolti i componimenti scritti da te e Michela Zanarella si intitola L’esigenza del silenzio . Un titolo, credo, che rispecchia in pieno i tempi che stiamo vivendo, dove tutto è sempre troppo urlato, conclamato spesso a filo dei social, rivelando non solo una sorta d’urgenza d’apparire ma anche la paura di restare in contatto con se stessi, con la propria dimensione più intima e profonda… 

 “Quando si urla troppo in realtà si ha ben poco da dire ma viviamo in un mondo bislacco, sui generis, dove troppo spesso si tace anche quando invece bisognerebbe “urlare”suoni giusti di parole… ecco, quando penso a tutto questo caos senza nessuna logica, penso che ci siano ben poche speranze di migliorare. Sono per natura ottimista, ma un po’ d’insofferenza ha attecchito anche in me ultimamente; purtroppo uso gli occhi per vedere, e non vedo nulla di buono all’orizzonte. Purtroppo, mi servo degli orecchi per poter ascoltare ciò che veramente mi circonda, e anche in questo caso, non avverto niente di positivo. Ma detto questo, l’esigenza di potersi rifugiare in un cantuccio di silenzio mi ha catturato l’istinto in maniera del tutto naturale, seppur con fare provocatorio: la curiosità di mettermi in gioco attraverso la poesia mi ha solleticato i cromosomi fino a farli risvegliare e Michela in tutto questo andirivièni, mi ha aiutato moltissimo. Mi ha tenuto la mano durante questo percorso fatto di strattonamenti; un tragitto impervio, fatto di pochissime luci e di tantissime ombre”.

La poesia, l’approccio sensibile alla realtà circostante, le sue modalità di raccontare o far intuire sentimenti ed emozioni possono ancora avere il loro spazio?

“Senza la sensibilità poetica non ci sarebbero le emozioni, quelle vere, quelle che si nutrono di linfa esplosiva, quelle che vivono e si ribellano perché sentono una forte necessità di farlo, senza freni, senza inibizioni. Tutto gira intorno alla vita… quella autentica, quella che vibra quando uno schiocco di frusta imprime il suo segno indelebile nelle nostre menti, spesso, ottenebrate dai fumi dello stagnamento”.

 Nel salutarci e nel ringraziarti per la disponibilità, la classica domanda finale: hai già in mente un nuovo progetto dopo L’esigenza del silenzio?

 “Ho sempre tantissimi progetti in ballo: forse troppi, ma tutto questo mi fa star bene, mi appartiene. Potrei dire con fierezza e con decoro… la scarpa giusta per il mio piede”.

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Alcune poesie di Fabio Strinati, da L’esigenza del silenzio

Non so cosa proverai

vedendo il cielo accanto a me

e cosa ti dirà l’orizzonte

dall’incontro dei nostri sguardi.

La luce ci salverà entrambi

dall’imbarazzo e dalle ombre del passato.

Ci sentiremo figli di un tempo

mai spento negli inganni della vita.

Prenderemo dal sole

una pioggia calda di segreti

e al vuoto degli occhi faremo spazio

allo stupore che diventeremo.

Ci alzeremo tra i giorni

come confini che si esplorano

tolto il buio dal cuore

e la fatica degli amori spinti

troppo in alto.

Ci capiremo credo

senza troppe parole

solo ad istinto

respirando il mondo

con lo stesso colore

nella corrente che soffia

aquiloni rossi

addosso al tramonto.

*

 Ho imparato presto a camminare

sulla scacchiera di un’epoca

a me contraria.

Ho visto nella folta spirale

l’imbarazzo per un’avventura

chiamata vita

che ormai per dissimmetria

ho presto dimenticato.

Ho visto te come nutrice di astri,

e in me, la moltiplicazione

di speranze indomabili

come sospiro ad ogni patimento.

Ho imparato la parola,

rarissima perla contro il pianto

e la tristezza carica d’aroma.

   *           

 Ti sento respirare un suono

malgrado il tempo

scivoli via in un orologio

senza nome.

Sento l’amore,

una cucchiaiata di medicinale,

un’ombra distesa al sole.

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 Prefazione di Dante Maffia a L’esigenza del silenzio

Mi piacciono queste operazioni a quattro mani, è come confrontarsi, sfidarsi, correre insieme a un traguardo che prevede, quali che siano i risultati, un premio di solidarietà e di considerazione dell’altro.Il lettore però farebbe un grande errore se cominciasse a confrontare i testi, a metterli controluce per verificarne il peso e stabilire un premio da assegnare. Il viaggio è compiuto insieme e il giudizio, anzi l’abbraccio, deve andare a tutti e due, perché comunque hanno voluto unificare lo spirito e gli intenti, sia Michela e sia Fabio, forse per dimostrare che la poesia non avrebbe bisogno di essere firmata quando sa toccare le corde essenziali del sognare, dell’essere angosciati e del morire, dell’essere inquieti e gioiosi. Cioè i sentimenti più profondi e i nodi complicati del vivere. Ho letto con molta attenzione sia i componimenti di Michela Zanarella e sia quelli di Fabio Strinati. Sembrano due mondi apparentemente lontani e che però trovano subito il saldo e l’equilibrio nello scambio che non segue una logica organizzata ma trova sempre la nota giusta per “completare” il dettato dell’altro e viceversa.Michela Zanarella è ormai una presenza attiva e di grande rilievo nella poesia italiana e forse anche per questo motivo ha accettato il gioco con Fabio Strinati che mostra una magnifica tenuta del verso. I due poeti creano un canto a due voci ma che presto diventa sinfonia nella quale si esplicitano le emozioni sui grandi temi dell’esistenza. Infatti l’argomentare è tenuto quasi su un piano metafisico e fa sentire i rintocchi di un lirismo di cui abbiamo un po’ perduto la conoscenza. Né a Michela né a Fabio interessano le trovate o le improvvisazioni ricavate dalla quotidianità, ma si tuffano nel mare immenso del crepitio esistenziale per trarne le ragioni più appropriate di un canto capace di indagare sui misteri.C’è, in ognuna delle composizioni, un’ansia che si tocca quasi con mano, una trepidazione che sembra nascere da lontano e che subito investe la vita nelle sue diramazioni.Le due sensibilità poetiche a un certo punto si abbracciano in una sorta di profonde accensioni che fanno scaturire “messaggi” cifrati  e danno avviso di  scoscendimenti pericolosi.Una poesia così ha bisogno di essere ascoltata e direi vissuta in prima persona per intenderne tutta la portata, ha bisogno di trovare adesione piena per poterne cogliere il magma incandescente che vi scorre e per poterne assaggiare le valenze umane e culturali.

A un certo punto Michela scrive: “ Mi capirai / quando sarò lontana dal mondo / e mi chiameranno solitudini / a farmi casa nel silenzio?”. E’ questa l’esigenza del silenzio, o presuppone altro? E’ questa e presuppone anche l’individuazione di una possibilità per poter vivere il silenzio (che è sempre vivo, come dice D’Annunzio) nella pienezza dei suoi riscontri segreti?Un lirismo che non svicola in sfumature astratte, ma che ferma la sua attenzione sui risvolti esistenziali, com’è nella tradizione che va da Leopardi a Goethe a Rilke.Zanarella e Strinati sono coscienti di possedere le qualità  per inseguire il Mistero, per non soccombere agli astratti furori e per non morire dentro le dissolvenze delle attese inutili. Ecco perché queste poesie sanno di pane casareccio e di vino buono pur essendo nate nel fuoco ardente e lampeggiante di un crogiolo di vita  che ci riporta agli imperanti sfaldamenti del secolo, quelli che ha interpretato Fernando Pessoa, ma anche a Milosh, Herbert e la Cvetaeva. Non sono citazioni a caso, sono riferimenti di elezione, non per forza rinvii di affiliazione, e ciò dimostra  quanto lavoro, a volte estenuante, sta dentro la costruzione de L’esigenza del silenzio, che è anche implicito giudizio sulla decadenza attuale dei valori fondamentali e sulla perdita di identità.Ma un altro aspetto vorrei sottolineare di questi versi così densi e pieni di amarezza e anche di una certa gioia fragrante e limpidamente vissuta come traguardo del senso del vivere. Insomma, Michela e Fabio compiono un viaggio insieme e ne danno un resoconto non attendibile, fuori dalla verità comune. Perché nelle loro parole c’è la verità di un cielo che si  è specchiato senza cercare la deflagrazione. La metafora per fare intendere la catena di metafore sottese in ogni pagina, il fluire limpido e a volte magmatico dei pensieri e delle emozioni, lo sforzo per poter entrare nell’invisibile e trarne ragioni ineluttabili. Non è questo del resto il compito dei poeti? Non è quello di squarciare veli e di entrare nella magia di insondabili chimere per offrire poi la dovizia di nuovi cammini?

 

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