“Ancora una scusa per restare-Il Reading”: intervista a Katia Colica-Antonio Aprile

Facebooktwitterlinkedin

Domenica 12 maggio presso il Salotto Letterario Calliope della Libreria Mondadori di Siderno (RC) ha avuto luogo Ancora una scusa per restare –Il Reading: letture di testi tratti dal romanzo-reportage (Città del Sole Edizioni) a cura dell’autrice, Katia Colica, accompagnata dalle musiche originali di Antonio Aprile al basso elettrico. All’interno della sala è stato inoltre possibile ammirare una esposizione artistica di Katia Spanò, i cui quadri riescono ad esprimere un’ emozione intensa ed immediata ed hanno contribuito a conferire ulteriore atmosfera ad un evento culturale particolarmente riuscito ed estremamente coinvolgente nell’incontro tra scrittura e musica. Dopo l’esibizione, ho avuto modo di rivolgere qualche domanda a Katia e Antonio, come potete leggere nell’intervista riportata qui di seguito.

 

Katia, stasera abbiamo ascoltato il reading del tuo ultimo libro Ancora una scusa per restare, che può essere considerato, come hai evidenziato, una continuazione del tuo precedente lavoro, Il tacco di Dio, entrambi editi da Città del Sole Edizioni. Ambedue si delineano come dei libri in formato reportage, incentrati su delle piccole storie, sul mondo degli “invisibili”, gli “ultimi”, gli emarginati, persone che lottano per vivere ed affermare la loro individualità. Spesso sono costrette ad abbandonare la città, nella fattispecie la città di Reggio Calabria, la quale nei tuoi libri diviene protagonista, si esprime in prima persona nel narrare i vari accadimenti che si sono succeduti negli anni. Ecco, come può questa città manifestare una scusa per restare?

 

“Reggio Calabria in questo momento non la sta manifestando molto bene, io sono sicura che ci prova con noi, tutti i giorni e in ogni momento. Ci sono degli angoli, delle suggestioni, che ci riportano indietro, proprio quando si manifesta la voglia di scappare. Io stessa  cerco di trovare  una scusa al giorno per restare, forse non basterà. In questo libro ci sono anche storie di persone che sono andate via, non ce l’hanno fatta, lasciando ad altri la delega. Però a Reggio Calabria io voglio regalarle un po’ di fiducia, ogni giorno, come se fosse una madre, fare in modo di restituirle quanto di buono mi ha dato, un dovere di figlia, una forma di rispetto per le cose belle che lei ha elargito a me”.

 

Vuoi dunque contraccambiare? La città secondo te lo merita?

 

“Vorrei contraccambiare finché ne avrò le forze, la città, ripeto, credo meriti fiducia, anche perché io la vedo come un soggetto che ha subito, spesso in forma di scelte scellerate da parte di amministrazioni non degne, sempre dal mio punto di vista, di essere ospitate nel suo territorio, nella sua culla. Quindi, sì, io sono ancora convinta che la meriti questa fiducia, con il contraltare di riuscire ad opporsi ad un tipo di gestione che ormai ha contribuito a portare alla deriva la città, anche se questa forza non sono sicura di poterla trovare in ogni giorno della mia vita, posso dire che finora sono riuscita a farla venire fuori”.

 

Come consideri in tale ambito il ruolo della cultura ?

 

“Sono convinta che la cultura sia un motore enorme, rappresentando un valido sostegno per ogni realtà in genere e nella fattispecie per quelle meridionali, ed anche un volano economico: in genere chi lavora in tale ambito è trattato come se esercitasse semplicemente una passione, un hobby, invece occorre rendersi conto che ogni giorno col nostro lavoro  portiamo addosso un carico di movimenti importanti, passibili di trasformarsi in movimenti economici, intanto volti a sostenerci, noi viviamo di questo, e in più idonei a far crescere il valore della città stessa, perché io non voglio dimenticare i momenti in cui Reggio è stata ricca di cultura, ed aveva un aspetto decisamente diverso”.

 

Hai già in mente il tuo prossimo libro?

 

“ Quanto scritto sinora, in forma di reportage, è dedicato ad un editore, Città del Sole Edizioni, con il quale mi sono trovata molto bene, insieme abbiamo sviluppato questo filone della docufiction, che funziona, anche perché mi piace andar un po’ in giro a cercare storie strane, tiro fuori nuove relazioni che mi fanno crescere e questo è molto bello. Il prossimo lavoro, dopo una pausa di qualche mese, s’incentrerà sulla poesia e sulla narrativa, però ho intenzione di tornare molto presto sulla docufiction, magari per chiudere il cerchio con un trittico volto a completare quanto scritto finora”.

 

Antonio, hai accompagnato il reading di Katia con le tue musiche al basso elettrico, parlaci di questo rapporto tra musica e scrittura, come lo hai vissuto e le modalità attraverso le quali lo hai messo in atto.

 

“Io credo che le due forme di arte, la scrittura e la musica, siano molto legate e si completino fra di loro, infatti il reading è nato proprio con questa intenzione, portare avanti un discorso sia dal punto di vista letterario, i testi, le storie che Katia raccoglie e racconta nei suoi libri, e poi spingerle verso lo spettatore, così da dar vita nel suo animo ad una suggestione musicale. Le musiche, quindi, sono molto legate alle tematiche espresse nei testi, nel tentativo di appoggiare le parole su un tappeto sonoro che non sia invadente, sempre un po’ sotto rispetto al testo, evidenziando comunque la sua presenza nel sostenere le sensazioni suscitate dalla lettura, fermo restando che quest’ultime si esprimono in ciascuno di noi a livello personale. Io leggendo quanto scritto da Katia, ho percepito un certo tipo di emozione e l’ho espressa a livello di tessuto musicale”.

 

Rivolgo anche a te la domanda espressa nei confronti di Katia: che ruolo può avere la cultura, nel nostro paese ed in particolare nell’ambito del nostro territorio, la possiamo considerare come un valido sprone per dare una svolta ad una certa realtà o vi sono ancora dei limiti al riguardo?

 

“Guarda, io penso che oggi la frase “cultura come elemento della crescita”, espressa un po’ da tutti, possa apparire come un abuso, però in effetti è la realtà: la cultura è il nodo fondamentale attraverso cui un territorio, le persone, la società, crescono e si sviluppano, ecco perché bisogna in tutti i modi cercare di avere un approccio, positivo e propositivo, tanto con le offerte culturali del territorio che con quelle esterne, perché cultura è anche un modo di confrontarsi col mondo che ci circonda, altrimenti non si cresce. L’importante è che ci sia la sensibilità di ascoltare, di sentire, percepire, di vedere le cose nuove, unita al coraggio di produrre cultura: non possiamo, estendendo il discorso alla Calabria, essere una terra che guarda soltanto a quanto proposto da fuori, dobbiamo anche essere produttori. Sicuramente al riguardo uno sguardo al passato è importante, perché ti dà una base, ma da qui devi partire per creare cose tue. L’essere umano, quando impegna il suo tempo in una crescita culturale, specificamente artistica  e letteraria, fa sempre un passo avanti nel misurarsi in tale ambito, crescendo e divenendo migliore di quello che era prima”.

(La foto che correda l’intervista è di Katia Spanò)

Loading

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

I commenti sono chiusi.